Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. In una di queste occasioni una lettera e una falsa fattura riprodotte al Museo del Culatello ci ricordano la burla tra Giuseppe Verdi e Giulio Ricordi sulla Spalla Cotta di San Secondo.
LA BURLA DELLA SPALLA COTTA TRA GIUSEPPE VERDI E GIULIO RICORDI
Dopo il grandissimo successo dell’opera Falstaff al Teatro alla Scala del 9 febbraio 1893, Giuseppe Verdi (1813-1901), il grande compositore italiano, trascorre parte del suo tempo nella tenuta di Sant’Agata, una frazione di Villanova sull’Arda (PC) dove continua a seguire le attività della fattoria, dimostrandosi esperto in pioppicoltura, allevamento di cavalli, irrigazione dei campi, enologia. Il Maestro è noto per essere molto riservato e si risente profondamente dei tentativi di indagare sui suoi affari personali. Considera i giornalisti, come i suoi vicini di Busseto e il pubblico, molto invadenti, e ritiene di doversi costantemente difendere dalle loro indiscrete attenzioni. Molto difficile se non quasi possibile è avvicinarlo ma nel 1895 mi è possibile quando gli faccio pervenire il mio desiderio di approfondire con lui un tema che gli è molto caro, la Spalletta di San Secondo o Spalletta di Maiale, sulla quale corrono anche voci di una burla sulla quale desidererei avere conferme e informazioni.
Maestro, corre voce che Lei sia un grande intenditore dei salumi e in particolare di quelli della sua terra, il Culatello, il Salame e soprattutto la Spalla o Spalletta di San Secondo.
Lei mi obbliga a tornare ai difficili anni della mia giovinezza, all’inizio degli anni Trenta e ai giorni del mio sfortunato esame al Conservatorio e quando sono ospite di Giuseppe Seletti. Qui Antonio Barezzi (1787-1867) mi invia due preziosi culatelli, ma con mio grande disappunto uno si perde per strada, come rischiavano d’andar confiscati il 1° aprile del 1847 il salame e le spalle del Barezzi che l’amico Emanuele Muzio (1821-1890) mi porta a Milano per festeggiare il successo fiorentino di Macbeth, superando il controllo dei gabellieri e del loro cane. Ma il salume che preferisco e che merita un posto speciale è la spalla di maiale, meglio dire Spalletta, tipica di San Secondo Parmense, e non di facile reperimento fuori da questa terra. È per questo che nel maggio 1843 quando sono a Parma con Giuseppina Strepponi (1815-1897) per festeggiare il trionfo del Nabucco prometto all’amico milanese Luigi Toccagni (1788-1853) di raggiungerlo presto portando con me la Spalletta di San Secondo. Ricordo bene che una delle volte nelle quali inviai al conte Opprandino Arrivabene (1807-1887) delle Spallette gli dissi che io non diventerò feudatario della Rocca di San Secondo ma posso mandargli una spalletta di quel Santo e che deve mangiarla subito prima che arrivi il caldo.
Maestro, uno dei finali più grandi della storia dell’arte è la fuga “Tutto il mondo è burla”, momento conclusivo del suo stupendo Falstaff ma che cosa è la burla della spalletta che si dice Lei abbia giocato con il suo editore musicale Giulio Ricordi (1840-1912)?
Ricordo bene. Il 12 agosto del 1880 invio a Milano due Spallette di San Secondo, una per Giulio Ricordi e l’altra per il soprano Teresa Stolz (1834-1902). Quando Giulio mi chiede quanto mi deve, burlando, gli rispondo dicendogli che se vi è grande abbondanza di maiali le spallette sono carucce e gli indico un prezzo iperbolico di centomila lire (pari oggi a circa a 400.000 Euro). Dopo tre giorni Ricordi mi risponde con una lettera nella quale mi loda aggiungendo di aver trovato il conto un poco… salato, ma non vuole mercanteggiare e acclude una ricevuta. Ricordi nella sua tipografia fa stampare una finta ricevuta della Privilegiata Fabbrica di spalle e spallette di majali … marca G. V, nella quale figura il saldo della cifra di lire centomila, una marca da bollo di dieci centesimi annullata con la firma contraffatta di Verdi! Una bella burla che però mi dicono non tutti abbiano capito tanto che alcuni hanno creduto che abbia una fabbrica di spalle e spallette!
Maestro non voglio tediarla, ma tutti sanno che lei è un ottimo gastronomo e che la Spalletta è un salume che deve essere cotto. Quale è la sua ricetta?
Come ho spiegato in alcune lettere al conte Opprandino Arrivabene e a Giulio Ricordi il metodo da seguire è il seguente. Mettere la spalletta nell’acqua tiepida per circa dodici ore onde levargli il sale. Si mette dopo in altra acqua fredda e si fa bollire a fuoco lento, onde non scoppi, per circa tre ore e mezza, e forse quattro se grossa. Per sapere se la cottura è al punto giusto si fora la spalletta con un curedents e se entra facilmente la spalletta è cotta. Si lascia raffreddare nel proprio brodo e si serve. Guardare soprattutto alla cottura; se è dura non è buona, se è troppo cotta diventa asciutta e stopposa.
Maestro non mi resta che ringraziarla della sua gentilezza e soprattutto per avermi fatto conoscere un salume poco noto ma di grande qualità come le sue opere.