Il Culatello (culatél, cülatel)
Il culatello, dalla classica forma a pera, è uno dei salumi più pregiati della tradizione gastronomica italiana per il suo inconfondibile sapore, per la complessità della sua preparazione, per la qualità e il valore della parte del maiale utilizzata. Tutti questi elementi gli valgono il titolo indiscusso di Re dei Salumi.
Citato da storici e letterati da almeno tre secoli, nasce fra le nebbie della Bassa Parmense e ha in Zibello il proprio feudo. È proprio in questa località, favorita dalle condizioni climatiche particolari, che nascono e maturano le inconfondibili doti di dolcezza e fragranza del culatello.
La “magia” avviene grazie alla vicinanza delle acque del Po, dalle quali salgono, nei mesi invernali, fitte nebbie: si viene così a creare un clima umido e freddo che impregna tutto e tutti, case, uomini, animali e… il culatello.
Il culatello si ricava dalla parte muscolosa della coscia posteriore di maiali nati, allevati e macellati esclusivamente in Emilia Romagna e Lombardia e viene lavorato unicamente nella Bassa parmense o nei comuni di Polesine, Busseto, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno, in provincia di Parma dove il clima estremo, afoso d’estate con inversi freddi e nebbiosi, regala l’ambiente ideale per la trasformazione di questo salume dall’aspetto e dal sapore unici.
Il Culatello è stato uno dei primi prodotti italiani ad ottenere il riconoscimento europeo della Denominazione di Origine Protetta nel 1996 a garanzia della qualità e della tracciabilità di un prodotto di grande valore.
La lavorazione
La coscia posteriore, la stessa parte del maiale che nelle asciutte colline parmensi viene trasformata nel prelibato Prosciutto di Parma, alla Bassa viene privata della cotenna e dell’osso e legata con uno spago a maglie larghe per ottenere il più sublime dei salumi.
La parte superiore della coscia posteriore del maiale (con quella inferiore si produce il “fiocchetto”), è privata dell’osso e della cotenna, viene salata appena macellata, quindi legata con spago avvolto a spirale per consolidarne la caratteristica forma “a pera”.
Inizia quindi la lenta ed attenta lavorazione del culatello, un processo di vero amore e dedizione.
Il culatello, messo a riposo in un ambiente freddo, dopo qualche giorno, sarà ripreso e massaggiato con sale, pepe a pezzi ed intero, cannella, aglio e vino bianco secco. Un procedimento attento e delicato che permette il corretto assorbimento del sale, a cui segue un breve riposo in ambiente freddo fino alla “vestizione” con la vescica di maiale, preventivamente lavata e asciugata e stretta da una sapiente legatura di corda per evitare la formazione di bolle d’aria.
Poiché i culatelli che si ricavano da un maiale sono due e la vescica (psìga) è una sola, il secondo culatello viene avvolto nello stomaco (bertón) del suino. La diversità della membrana determina differenze nella stagionatura, in forma variabile in base al clima dominante.
Il culatello trova, così, il meritato “riposo”: collocato in cantine sotterranee, col giusto grado di temperatura e umidità, vi sarà stagionato per non meno di 18 mesi, durante i quali si sommano gli effetti delle umide nebbie invernali e del caldo periodo estivo.
Con il passare del tempo, la carne subisce un lento processo di disidratazione con la conseguente diminuzione del volume del salume, come si può notare dall’immagliatura che appare via via sempre più allentata.
Alla fine di questo percorso il culatello arriverà a pesare dai 3 ai 5 chilogrammi e sarà ricoperto da uno spessore di muffa buona che impedisce l’ossidazione dei grassi durante la maturazione e conferisce al prodotto caratteristiche organolettiche uniche.
Per ottenere un culatello è necessario rinunciare a un prosciutto, poiché la coscia, ad esso destinata, è invece sezionata per ricavarne il culatello e il fiocchetto. Questo fatto, unito ad una produzione a carattere esclusivamente artigianale e alla lunga stagionatura, ne fanno comprendere il particolare valore.
La degustazione
Il consumo del “Re” dei salumi prevede regole particolari, essenziali per gustarne appieno la fragranza.
Il culatello ben stagionato (durissimo al tasto e al taglio), liberato dalle corde della legatura, deve essere spazzolato con cura. Prima di affettarlo la tradizione consiglia di avvolgerlo per una notte (o più alla bisogna) in un canovaccio da cucina imbevuto di vino bianco o Fortana per poi lasciarlo riposare in un luogo fresco (da +5° a + 15° circa).
Una volta ammorbidito al giusto grado, sarà privato della pelle, rifilato perfettamente del grasso più esterno e tagliato a fette sottili, preferibilmente a mano: infatti, il “verso” ricorrente del taglio e lo spessore leggermente irregolare dato dalla lama del coltello, salvaguardano in modo ottimale il gusto; niente di paragonabile col taglio meccanico di un’affettatrice.
Non potendo effettuare il taglio a mano, meglio, in ogni caso, servirsi di una affettatrice manuale.
Per conservare al meglio il culatello, una volta “aperto”, si spalma la parte del taglio con un filo di olio d’oliva e di burro, lo si avvolge in un telo, preferibilmente di lino, imbibito di vino bianco secco e lo si conserva in un luogo fresco, ma non nel frigorifero, che ne appiattirebbe inesorabilmente il sapore.
Aspetto e sapore
Al taglio si presenta di un rosso rubino intenso e uniforme con venature di grasso nette e bianche.
Il gusto è delicato, dolce e soffice con sentori di tabacco mielato e spezie che persistono nel retrogusto.
A seconda della sua stagionatura acquista una maggiore sfumatura muschiata a cui si possono mescolare note alcoliche qualora venga immerso nel vino prima dell’affettatura.
In bocca propone un complesso bouquet aromatico che va dal dolce iniziale sino alla percezione di sfumature speziate nel retrogusto.
Le sue fette dal colore rubino hanno la corporea tenerezza di un prodotto di irripetibile regalità.
Il culatello si sposa perfettamente con i leggeri vini frizzanti del territorio come la rossa Fortana, a bassa gradazione, fruttato e amabile.
Se si opta per una stagionatura più lunga l’abbinamento ideale è con un bianco come la Malvasia ferma dei colli parmensi o piacentini o con delle bollicine metodo classico. In alternativa può essere scelto dello Champagne Brut Rosé.