Le interviste impossibili – A cura di Giovanni Ballarini – Sant’Antonio protettore degli animali

Home/Assaggi/Le interviste impossibili/Le interviste impossibili – A cura di Giovanni Ballarini – Sant’Antonio protettore degli animali

Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. In una di queste occasioni, la statuetta devozionale in terracotta esposta al Museo del Culatello di Polesine mi permette di intervistare il eremita e di conoscere i suoi legami con il maiale.

SANT’ANTONIO PROTETTORE DEGLI ANIMALI

Secondo un’antica tradizione e molte leggende, durante la notte del 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate agli animali è data la facoltà di parlare. Meno noto – e non poteva essere altrimenti – è che sia anche possibile parlare in sogno con Sant’Antonio Abate a chi la sera precedente, dopo aver assistito a un falò che simboleggia la volontà di abbandonare tutto ciò che appartiene ai mesi passati e di rinnovarsi con il nuovo anno, lo ha pregato e si corica accendendo un lumino davanti a una sua immagine. È così facendo che posso rivolgere al Santo alcune domande e annotare le sue risposte che scrivo al mio risveglio dal sogno.

Santo Abate Antonio, Lei è un egiziano vissuto nel deserto della Tebaide, passato alla Vita Eterna il 17 gennaio del 357 e dal profondo sapere popolare dichiarato Santo. Capace di grandi miracoli e guaritore di molte malattie dell’uomo è anche protettore degli animali domestici e spesso nella sua venerata immagine è raffigurato con accanto un maialino che reca al collo una campanella. Come si è sviluppato questo suo rapporto con gli animali domestici?

Chiariamo subito che non sono l’unico santo che la devozione popolare associa a uno o più animali in un forte legame affettivo e talvolta terapeutico e senza dimenticare che la denominazione stessa di animale ci riporta a quella di anima. Se ci sono tanti animali nella vita degli uomini, ce ne sono altrettanti nella vita dei santi e ne ricordo alcuni. Come Francesco d’Assisi parla con gli uccelli e ammansisce il lupo, San Romedio nelle Alpi trentine fa lo stesso con l’orso e San Girolamo con il leone. Altri stretti rapporti sono quelli di San Rocco con il cane, Sant’Antonio di Padova con i pesci, Sant’Agnese e l’agnellino, Sant’Eustachio e il cervo. San Colmano vive con un gallo che lo sveglia con il suo canto e leggendo l’Antico Testamento troviamo il Profeta Elia e il corvo, Giona e la balena, Baalam e l’asino. Isaia profetizza che il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno assieme e si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide e il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Qui in paradiso, tra i tanti santi, ultimo sono anch’io con gli animali che l’uomo alleva e dei quali il maiale, dopo che lo ho liberato da una possessione diabolica, è entrato tra i miei simboli, anche per merito dei miei fedeli Canonici Regolari dell’Ordine Ospedaliero e Monastico-Militare medievale di Vienne.

Sant’Antonio Lei è vissuto come eremita in un deserto dove non vi sono maiali selvatici o domestici, ma perché fin dall’antichità nelle sue raffigurazioni lei è spesso accompagnato da un nero e irsuto maiale?

Mi vuole spiegare questo … miracolo?

Un miracolo certamente, ma di carità. Nel deserto non ci sono molti cinghiali o maiali selvatici, ma qualcuno esiste ed è considerato animale immondo, come dice anche il Vangelo di Marco nel capitolo 5, quando Gesù guarisce un indemoniato e trasferisce lo spirito immondo, il demonio, in una mandria di maiali. Anch’io nel deserto sono stato avvicinato e tentato da un nero e irsuto maiale selvatico posseduto da uno spirito immondo diabolico, ma con l’aiuto divino ho vinto le tentazioni diaboliche portate da questo animale e liberandolo dal demonio facendogli carità. Un evento non impossibile con l’auto divino, come quello che Francesco fa con il lupo di Gubbio. Per questo, nelle mie prime immagini sono raffigurato con a fianco il repellente maiale nero del demonio tentatore, ma che il potere divino su mia intercessione ha trasformato in animale mite e protetto e che, con il suo aiuto, quale Prometeo cristiano, dall’inferno mi è servito per riportato agli uomini il fuoco perduto. Un maiale non più demoniaco e come tale accolto dai monaci antoniani.

Sant’Antonio lei ha un particolare rapporto con il maiale e mi può spiegare come questo animale entra a far parte della vita dei monaci antoniani appartenenti a un Ordine religioso?

Molti secoli dopo la mia salita al cielo e superato l’Anno Mille, per mio intervento infermieri e frati laici che hanno come superiori religiosi i Benedettini dell’abbazia di Montmajour presso Arles danno vita a un Ordine Ospitaliero. I monaci di questo ordine, detti antoniani, su mia ispirazione creano ospitali per i poveri, che rapidamente si diffondono in tutta Europa e oltre. In Italia i primi ospitali sorgono lungo la Via Francigena, in Val di Susa, a Roma, Teano, presso Napoli e a Brescia. Anche Dante Alighieri (1265-1321), in uno degli ultimi canti della Divina Commedia, ricorda i monaci del nuovo ordine, molto attivi e spesso insistenti nella richiesta di elemosine, scrivendo “di questo ingrassa il porco Sant’Antonio/ e altri assai son ancor più porci, / pagando di moneta senza conio” (Paradiso, canto XXIX, vv.124-126). Questo avviene per la grande novità di questo Ordine, che nei suoi ospitali cura le malattie non soltanto con diete e erbe, ma anche con parti di animali. In modo speciale gli antoniani, chiamati anche cavalieri del Fuoco Sacro o Fuoco di Sant’Antonio, usano il grasso di maiale come emolliente per le piaghe provocate da una malattia molto diffusa (Herpes zoster e ergotismo provocato da una cattiva alimentazione con cereali contaminati da muffe). Per questo gli Antoniani nei loro possedimenti, consuetudine insolita per i monasteri, allevano i maiali che simbolicamente sono anche raffigurati nelle chiese dell’Ordine. Altra pratica inconsueta dei monaci Antoniani è sostentare la propria comunità ed effettuare opere di cura e carità per i poveri andando di porta in porta a elemosinare offerte annunciando il loro arrivo con il suono di una campanella e in compagnia di un maiale che si nutre con gli avanzi delle famiglie visitate. Inoltre i “maiali di Sant’Antonio” riconoscibili per il loro campanellino, sono gli unici autorizzati a circolare liberamente per le strade della città, per liberarla della spazzatura gettata in strada dagli abitanti.

Sant’Antonio, da quanto mi ha detto, posso capire come la sua immagine sia associata a una presenza del maiale, altrimenti insolita. Ma come spiega che in tempi a noi più vicini Lei è rappresentato circondato da ogni specie di animali domestici, è invocato in caso di loro malattie, la sua immagine è presente in ogni stalla, il 17 di gennaio la si invoca e per sua intercessione si procede a una benedizione degli animali?

La terra è bassa, il cielo è alto, molti lo sentono troppo distante e hanno bisogno di un intermediario, soprattutto nei momenti difficili come quelli di una malattia, anche dei propri animali. Dalla protezione che il maiale riceve dai monaci antoniani che lo trasformano anche in uno strumento di cura di una malattia, facile è ricorrere a una mia intercessione per la salute degli altri animali di casa o degli allevamenti. In modo analogo avviene per gruppi sociali e categorie professionali che scelgono un Santo come patrono e così sono arrivato a essere invocato quale custode della salute e del benessere di tutti gli animali, venendo da loro circondato nelle rappresentazioni popolari. Questo non mi dispiace perché mi tiene legato al mio breve soggiorno sulla terra durante il quale nel deserto non ho potuto godere della loro vicinanza e rapporto.

Mentre il sogno sta ormai svanendo e le chiedo una benedizione, le rivolgo una ultima domanda: tornando al maiale, vorrei sapere quali previsioni si possono fare sul ruolo di questo animale nella salute dell’uomo.

Abbia la mia paterna benedizione, come ognuno che ama gli animali. In questo empireo sede dei beati non si fanno previsioni, ma al di fuori del tempo si vedono realtà passate e future nelle quali il maiale non dà soltanto all’uomo un sollievo per un male quale il Fuoco Sacro, ma in uno slancio d’amore ben più vasto, divenendo un donatore di organi. Non solo materiale organico per valvole cardiache o altre parti, ma il maiale si dona per essere modificato nella sua più profonda e intima costituzione genetica per donare all’uomo organi interi che, iniziando dal cuore, possano sostituire quelli umani ammalati.