I porcari greci spingevano le mandrie dei maiali servendosi di bastoni. Mentre secondo lo storico Polibio quelli etruschi li guidavano suonando la buccina. Anche perché credevano che, abituandoli alle note fin da lattonzoli, i salumi ottenuti dalle loro carni sarebbero stati più prelibati.
I Galli Cisalpini, che a partire dal II secolo a. C. abitavano la fertile terra delimitata a Nord dal Po e a Sud dall’Appennino e compresa tra le valli dell’Enza e dello Stirone, allora ricoperta da boschi e querceti ricchi di ghiande, non erano così sofisticati da allevare i suini a suon di musica. Ma erano espertissimi nell’utilizzare le “tecnologie” necessarie all’impiego e alla conservazione delle loro carni. In epoca romana, i prosciutti e i salumi prodotti dalle popolazioni celtiche della Gallia Cisalpina, di cui Parma era il cuore, erano giustamente rinomati. A tal punto che la macellazione del maiale entra a pieno titolo fra le attività dell’uomo nel cadenzamento dei mesi e dei segni zodiacali, raffigurate in numerosi complessi romanici di area padana.
Qui la macellazione del maiale è rappresentata con la tecnica del mosaico nel pavimento detto dei mesi dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio (PC), risalente al XII secolo.
Il tratto semplice e quasi naif non è tuttavia lontano da un certo naturalismo e ricorda come la sopravvivenza dell’uomo, per molti secoli, era affidata all’abilità dei norcini di preparare in modo adeguato le carni suine.