Aghi (gòcci). Ambito emiliano; metallo; sec. XX prima metà
Nella dotazione dell’esperto norcino non mancavano aghi e grembiule. Il grembiule da lavoro del ‘maestro’ e del suo eventuale aiutante era in genere di tela grezza con motivo a righe o a quadri bianchi e rossi, per non far risaltare troppo le macchie di sangue e di grasso. In alcune realtà locali era possibile distinguere il norcino dall’aiutante e dalle persone di famiglia che partecipavano al “rito” dell’uccisione del maiale perché, per convenzione, il norcino indossava il grembiule “a quadri”, il suo aiuto quello “a righe” e tutti gli altri mettevano grembiuli bianchi. Gli aghi erano e sono anche nella produzione attuale di metallo, lunghi e ricurvi, per facilitare le operazioni di legatura dell’insaccato (“immagliatura”) creando con lo spago una sorta di cestello o ragnatela per appendere il salume a stagionare. Tali attrezzi, recanti a un’estremità l’asola per inserire lo spago e con l’estremità opposta non appuntita, bensì arrotondata, sono infatti definiti anche “tiraspago”. Un tempo, per realizzarli in maniera casalinga, si usavano i manici delle posate in lega di alluminio, forati e limati in modo da arrotondarli.